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Crisi globale del mercato del caffè: era già tutto previsto(?)

02/12/2024

Prezzi record e scenari incerti per il mercato europeo

Ne avevamo parlato proprio qualche giorno fa, nel nostro articolo “Caro Tazzina”: la tempesta perfetta, di come eventi climatici e geopolitici stiano influenzando il nostro mercato. Ma negli ultimi dieci giorni la situazione si è ulteriormente aggravata portando ad una crisi globale del mercato del caffè.

  • L’Arabica (quotata sull’Ice di New York) dall’inizio di novembre ha registrato un +20% circa a 320,1 centesimi di dollaro per libbra, prezzo record da 50 anni. 
  • Il Robusta (scambiato sul Liffe di Londra) si è impennato di un altro 15% a 4.723 dollari la tonnellata.

A questo, si aggiunga il collasso dei due più grandi trader brasiliani, Atlantica e Bras Café, entrambi impossibilitati a rispettare contratti di fornitura fondamentali per il mercato europeo. Tutto questo si verifica mentre già oggi la disponibilità di merce in Europa è ridotta. 

La domanda quindi è: era già tutto previsto? Indaghiamo meglio sulle cause.

Il blocco della produzione e il gioco al rialzo.

Le cause sono quelle di cui abbiamo già trattato: la crisi climatica, i costi del trasporto, le rappresaglie nel canale di Suez. Altri fattori concorrenti sono sicuramente le incertezze sulla data di inizio delle restrizioni dell’Unione Europea sulla deforestazione (vedi il nostro articolo EUDR: attesa la conferma per la proroga dei termini) e l’impatto sul mercato statunitense di eventuali dazi imposti dalla futura amministrazione del presidente eletto Donald Trump. 

Ma non è solo questo. 

C’è un elemento che contribuisce ad acutizzare la crisi e riguarda le dinamiche produttive dei maggiori esportatori di caffè. Andando nel dettaglio:

  • in Brasile, mentre la raccolta procede nonostante la più forte siccità mai registrata dal 1981, il mercato interno rimane bloccato: i produttori preferiscono aspettare la fine della raccolta e della lavorazione, provando a rincorrere i continui rialzi delle offerte. 
  • In Vietnam, secondo esportatore mondiale, i prezzi locali per il caffè Grade 2,5% FDW sono schizzati a 135.000 VND/kg, mentre le spedizioni per dicembre-gennaio sono contingentate e proposte a condizioni proibitive.

Queste strategie, che sfruttano di fatto il principio di scarsità, rispondono al duplice obiettivo dei produttori di trarre il massimo vantaggio da una domanda in crescita e da un mercato globale imprevedibile, ma anche di proteggere i propri margini di profitto in previsione dei disastri climatici. 

La pressione sui mercati e le conseguenze europee

Nonostante i futures sull’ICE abbiano toccato livelli record, i differenziali di prezzo continuano a mantenersi alti. Questo riflette quella che è a tutti gli effetti una tensione strutturale nel mercato, una vera propria crisi globale del mercato del caffè. 

L’Europa, grande consumatrice di caffè, si trova quindi a fronteggiare la doppia sfida di prezzi in salita e scarsa disponibilità. I più colpiti sono le torrefazioni e i distributori, costretti a scegliere tra rinegoziare contratti al rialzo o limitare le forniture ai propri clienti.

Quali prospettive per il mercato del caffè?

Come se ne esce? La soluzione passa per interventi globali che agiscano tanto sui fattori speculativi, quanto sulle sfide climatiche e logistiche.

Il recente G7 di Pescara ha avanzato un'importante proposta: la creazione di un fondo globale per la sostenibilità del settore, gestito da Cassa Depositi e Prestiti, con un target di 10 miliardi di dollari. Questo fondo mira a stabilizzare i mercati e proteggere le filiere produttive, evitando che il caffè diventi un lusso per pochi.

Senza azioni concrete, il rischio è di vedere un ulteriore aumento dei prezzi al consumo. Il caffè al bar potrebbe superare soglie psicologiche già messe a dura prova.

Intervenire ora è cruciale per evitare che questa crisi ridefinisca, in modo irreversibile, i contorni del mercato globale del caffè.


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